Il graphic design si è più volte prestato alle forme più disparate di puro intrattenimento artistico. Se pensiamo ai titoli di testa di un film, oppure ai loghi finti creati appositamente per un film o serie tv. L’Arte chiama Arte, fortunatamente. E via via che la musica si avvicinava sempre più ad ambire lo status di Arte -dalla metà degli anni 60 in poi- anche le cover degli album discografici si sono trasformate, passando da rappresentazioni prettamente “divistiche” (le foto dei musicisti) a veri e propri concept artistici, disegnati da illustratori e graphic designer. Tutti contribuirono a questo fondamentale passaggio, dalle case di produzione più lungimiranti, fino ai musicisti stessi, sempre più consapevoli della loro importanza.
Dalla cover all’artwork
Ed è così che la cover semplicemente rappresentativa di quella che poteva considerarsi l'”immagine” del musicista o della band, diviene un artwork vero e proprio, dove l’artista, il fotografo, il designer può permettersi di sviluppare il suo concept nei modi più disparati, a seconda della sua sensibilità e la successiva declinazione dell’immaginario dietro la band/musicista, e soprattutto l’album. Negli anni ’60 e ‘70 le copertine ebbero un’esplosione di forme e di colori, si usarono i materiali e gli oggetti più diversi, ma anche le sagome, in alcuni casi, subirono delle variazioni: tonde, triangolari, doppie, triple. Negli anni a seguire addirittura il vinile stesso è stato colorato, reso trasparente e infine disegnato (i meravigliosi picture disc).
Le migliori cover di album realizzate da graphic designer
Fino ai giorni nostri la Storia ha visto produrre centinaia di cover artistiche davvero interessanti, ma ne abbiamo selezionate solo 10, le più belle a mio avviso, realizzate da graphic designer:
THE VELVET UNDERGROUND & NICO – S/T (1969)
DESIGNER: Andy Warhol
Il disegno del grande artista, tipicamente ambizioso, ha prodotto enormi problemi di produzione, ritardando l’uscita dell’album stesso per più di un anno. Warhol ha usato il suo stile di pittura come marchio di fabbrica per creare una banana matura – icona di per sé suggestiva e dissacrante – ma è andato anche oltre; infatti in alcune edizioni della cover originale la banana era sbucciabile. Una volta sbucciata, la banana diventava color carne. All’epoca fu un vero e proprio shock.
THE MOTHERS OF INVENTION – WEASELS RIPPED MY FLESH (1970)
DESIGNER: Neon Park
Cover controversa, con la quale non volevano lavorare nemmeno le tipografie, e anche la Warner Bros disse che non era nei propri “standard”. Rispetto alle cover di oggi risulta innocua, ma l’incontro tra il graphic designer Neon Park e il membro della band Frank Zappa ha generato un’immagine memorabile per il suo tempo. La leggenda vuole che Zappa lesse in una rivista il titolo della storia di un uomo caduto in un fiume, circondato da donnole che gli brulicavano addosso. Zappa ha poi chiesto a Park se sarebbe riuscito a realizzare una storia che fosse “peggiore di quella”. Park fu pagato solo 250 dollari, e creò una delle cover più scioccanti della storia.
PINK FLOYD – THE DARK SIDE OF THE MOON (1973)
DESIGNER: Aubrey Powell / Storm Thorgerson
La grafica mostra un prisma che rifrange luce bianca in un arcobaleno, con l’inverso sul retro dell’album. La copertina è stata disegnata ispirandosi al modo in cui la band utilizzava la luce nei loro spettacoli dal vivo – anche se nel corso degli anni ha assunto più un significato cosmico. Thorgerson disse: “Il prisma è stato un modo per comunicare il fatto che questa band, tra tutte le altre band, produce la luce…luce e suono “. Curiosità: il prisma sulla parte posteriore dell’album sfida le leggi della fisica, per come i raggi dovrebbero in teoria divergere.
SEX PISTOLS – NEVER MIND THE BOLLOCKS, HERE’S THE SEX PISTOLS (1977)
DESIGNER: Jamie Reid
Con lo stile di Vivienne Westwood, la commercializzazione di Malcolm McLaren e la progettazione grafica di Jamie Reid, spesso ci si dimentica che i Pistols erano essenzialmente una rock band con canzoni di 2 accordi e testi viscerali. Il loro primo e unico album in studio, ha beneficiato di una cover che combina la sfacciataggine, la dissolutezza e il fascino fuorilegge che li ha resi famosi per poco più dei 15 minuti di Warhol e influenti per molto, molto più tempo.
XTC – DRUMS AND WIRES (1979)
DESIGNER: sconosciuto
La storia dietro questa cover è bizzarra: il componente della band Alan Partridge creò una bozza giocando con le lettere X, T e C, e formando un viso disegnato in 3/4, ma sia lui che il resto della band non si interessarono più della faccenda, perché totalmente immersi nella registrazione. Al momento di consegnare l’artwork definitivo e non avendo più tempo, Partridge consegnò la bozza nelle mani di una ragazza presente in sala registrazione e che lavorava presso uno studio grafico, dicendole solo di volere in copertina i colori primari. Il risultato fu la cover più rappresentativa della storia della band.
JOY DIVISION – UNKNOWN PLEASURES (1979)
DESIGNER: Peter Saville
A più di trent’anni dal suo debutto, la cover di Peter Saville per Unknown Pleasures rimane un classico, anche a giudicare dall’enorme numero di T-shirt di ragazzi hipster con la copertina stampata sopra. Sulla copertina dell’album originale non c’è il nome della band o del titolo dell’album, ma solo questa immagine, invertita e decontestualizzata: la rappresentazione delle onde radio di un lontana stella pulsante. Insomma, la perfezione.
THE POLICE – GHOST IN THE MACHINE (1981)
DESIGNER: Mick Haggerty
La cover, di chiara ispirazione grafica, rappresenta un display di sette segmenti, che raffigura le teste dei tre membri della band, ciascuna con uno stile di capelli distintivo (da sinistra a destra, Andy Summers, Sting con i capelli irti, e Stewart Copeland con una frangia). Si racconta infatti che la band non era in grado di decidere sulla fotografia da utilizzare per la copertina. Nell’edizione originale del vinile, si notano alcuni bordi su ogni segmento, il che dimostra che la cover è stata realizzata su misura e che non è un collage fotografico. Minimal & digital.
SONIC YOUTH – GOO (1990)
DESIGNER: Kevin Regan / Raymond Pettibon
Una graphic design decostruita che presenta due disegni a penna di Raymond Pettibon, sul fronte e sul retro della copertina dell’album, e che raffigura la fuga di una coppia che ha appena ucciso i loro genitori. Non molto allegro. I due ragazzi, fra le altre cose, assomigliano ai componenti dei Velvet Underground. Tutti gli elementi appaiono come se fossero stati ritagliati e fermati con nastro adesivo – c’è anche un capello catturato in una delle strisce di nastro – ed è indiscutibile che il bianco e nero fa molto “cool”.
CHEMICAL BROTHERS – PUSH THE BUTTON (2005)
DESIGNER: Tappin Gofton
La copertina dell’album ha un grande stile illustrativo grazie all’uso sapiente della font, e una limitata tavolozza di colori. Sembra una cover del 1960 per lo stile e l’atmosfera. La copertina è stata progettata da Tappin Gofton, mentre la font utilizzata nel loro logo è derivata dal carattere Sho, progettato da Karlgeorg Hoefer.
SOULWAX – NITE VERSIONS (2005)
DESIGNER: Trevor Jackson
Poliedrico artista e musicista Trevor Jackson (dei Playgroup, tra gli altri) ha prodotto questa incredibile cover di graphic design che sembra molto influenzata da quelle di Peter Saville. Accattivante ma delicata, è davvero molto fica. Provate ad allontanarvi dallo schermo del pc per osservarla meglio!
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