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Il futuro delle arti visive nell’era dell’AI: come si inserisce l’immaginazione umana all’interno delle nuove tecnologie?

Negli ultimi mesi basta aprire un social per accorgersene: immagini iperrealistiche di città che non esistono, volti mai fotografati, videoclip generati in pochi secondi da un prompt. L’AI è entrata a gamba tesa nel mondo visivo e sta cambiando il modo in cui pensiamo, produciamo e guardiamo le immagini. Non è più fantascienza: registi la usano per costruire storyboard, fotografi per esplorare scenari impossibili, designer per testare palette cromatiche. Ma in mezzo a tutto questo resta una domanda urgente: che posto ha l’immaginazione umana?

La grammatica visiva che cambia

Lo scorso anno la Biennale di Venezia ha ospitato un’intera sezione dedicata all’arte generativa. A Parigi la galleria Réalité ha esposto opere create da artisti insieme ad algoritmi, dove l’autorialità era frutto di un dialogo stretto tra uomo e macchina. È questo il punto: l’AI non porta un linguaggio “altro”, ma rimescola i codici che già conosciamo. Come accadde con la fotografia nell’Ottocento o con Photoshop negli anni ’90, oggi i confini si spostano di nuovo. E tu sei chiamato a ridefinire regole, estetiche e priorità.

Creatività aumentata, non sostituita

Il regista Gareth Edwards, per il film “The Creator”, ha dichiarato di aver sperimentato con tool di AI per immaginare città futuristiche in fase di pre-produzione. Non perché mancasse fantasia, ma per avere più strade da valutare. Lo stesso accade nella grafica: studi come Pentagram testano pattern generati dall’AI per poi rifinirli a mano. L’AI è un acceleratore, non un autore. Il suo valore emerge quando tu decidi cosa tenere, cosa scartare e come dare coerenza al tutto.

Settori in trasformazione

Chi lavora negli effetti visivi parla sempre più spesso di “AI-assisted pipeline”: dal face replacement agli sfondi procedurali, i tempi si riducono e le possibilità si ampliano. Nella fotografia, artisti come Boris Eldagsen hanno scosso i concorsi internazionali presentando immagini generate da AI: un gesto che ha sollevato dubbi etici, ma anche aperto discussioni produttive. Nel game design l’AI già aiuta a generare mappe o NPC con comportamenti credibili, mentre negli eventi dal vivo iniziano a comparire scenografie interattive in tempo reale, pilotate da dati e algoritmi.

Le sfide etiche e professionali

La questione centrale riguarda sempre l’autore. Se un’immagine premiata non è stata scattata da una fotocamera, chi ne detiene i diritti? E se uno spettacolo dal vivo integra visual generati da AI, chi è responsabile del messaggio finale? Sono domande a cui il settore non ha ancora risposto del tutto, ma che tu dovrai affrontare con lucidità. L’AI apre possibilità tecniche, ma obbliga anche a un’assunzione di responsabilità nuova.

Il punto non è temere la tecnologia. È imparare a guidarla, a inserirla dentro una visione chiara. Se studi arti visive oggi, il tuo compito è duplice: allenarti sugli strumenti e coltivare uno sguardo critico. Perché i software generano infinite immagini, ma sei tu a decidere quale ha valore, quale merita spazio e quale parla davvero al pubblico.

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