Se le competenze tecniche per lavorare nel digitale sono acquisibili con un Master di livello, le soft skills, i valori che ho definito S.A.C.R.I. sono o innate, o acquisibili solo attraverso un lavoro su di sé. Ribadisco, non si vuole fare filosofia ma dare le basi cognitive per riuscire in uno dei settori più appassionanti, ma non affatto facili, del mondo del lavoro.
Per farlo, mi sono avvalso del supporto della dott.ssa Francesca Ungaro, psicologa e conoscitrice delle dinamiche dell’online – sia lavorative che comportamentali. A lei, di volta in volta, pongo delle domande sui 5 valori S.A.C.R.I. per lavorare nel digitale con profitto: Serendipità, Adattamento, Condivisione, Resilienza, Indipendenza.
A causa di una serie di motivazioni ho deciso di iniziare con la lettera R, la resilienza, ovver0 la capacità di reagire in maniera positiva a un evento traumatico. Come si dice in ambito clinico, è terapeutico!
Ecco allora le domande che ho posto alla dott.ssa, buona lettura!
3 domande e 3 risposte sulla resilienza
1- Come è definibile in psicologia la resilienza?
In psicologia, la resilienza è definita come la capacità di reagire in maniera positiva a un evento traumatico, ristrutturando e rafforzando le proprie risorse interiori per potersi difendere senza perdere, tuttavia, le caratteristiche tipiche della propria personalità. Non si tratta certo, infatti, di cercare di diventare infallibili, bensì di sapersi rialzare dopo un fallimento o una caduta. Magari perfino più forti di prima.
La resilienza è una funzione prettamente psichica, e come tale può modificarsi ed evolversi nel tempo, essere appresa, migliorata, potenziata. Inscindibilmente, tuttavia, dal proprio vissuto emotivo.
Prendendo in prestito la definizione dello studioso Oscar Chapital Colchado (2001).
La resilienza è la capacità di un individuo di generare fattori biologici, psicologici e sociali che gli permettano di resistere, adattarsi e rafforzarsi a fronte di una situazione di rischio, generando un risultato individuale, sociale e morale.
2- Quali sono le caratteristiche per essere davvero resiliente?
Cadere e rialzarsi più forti di prima. Come è possibile che avvenga?
Fa riflettere il fatto che il termine “resilienza“, in realtà, provenga dall’ambito ingegneristico, dove sta ad indicare la capacità di un materiale di resistere a un forte urto senza spezzarsi. Ed è proprio così, dal momento che l’essere umano ha una complessità tale – tra mente, corpo ed emozioni – da essere strabiliante.
In una situazione traumatica o anche di dolore prolungato, l’abilità umana di adattamento è il primo passo di questo straordinario percorso.
La plasticità della nostra intelligenza può raggiungere livelli tali da riuscire non solo a sopravvivere, ma a vivere come una sfida qualsiasi avversità. Non è sempre così, certo: è possibile che si cada e che ci si accartocci nel proprio dolore, arrivando a costruire maschere e “mura” per proteggersi dalle sventure.
Purtroppo, in questi casi, col trascorrere del tempo gli schermi creati non possono che cristallizzarsi, portando a vere e proprie patologie della psiche. Proprio per questo, la resilienza è tutto fuorché una dote comune. Esiste, dunque, qualcosa che permette all’uomo di non soccombere e, anzi, di ristabilire le sue risorse, le sue forze e i suoi progetti futuri.
Gli individui resilienti sono quelli che – per nascita o grazie a un percorso psicoterapeutico – hanno imparato ad accettare in qualche modo il dolore, a contenerlo in se stessi il tempo sufficiente per comprenderlo. Per capirne le origini, le conseguenze, valutarne interiormente i danni. Per contenere e accettare in qualche modo la sofferenza senza respingerla immediatamente come qualcosa di estraneo e inaccettabile, ma avere la pazienza e la saggezza di imparare qualcosa anche e proprio da essa.
Si tratta di un “esercizio interiore” che richiede una maturità emotiva molto elevata. Il raggiungimento, nella propria vita, di una forma di Intelligenza Emotiva ricca e completa.
3- Cosa è assolutamente da evitare, come approccio?
Proprio perché la resilienza implica il raggiungimento di un elevato livello di Intelligenza Emotiva – ovvero, lo ricordiamo, la capacità di riconoscere, accogliere e gestire le proprie emozioni -, ciò che in primo luogo va evitato è la costrizione.
Costringere una persona a reagire, a rialzarsi, a riprendere in mano le redini della propria vita.
Si tratta del primo degli atteggiamenti errati che ottengono di certo il risultato opposto: chiunque abbia subito un trauma si sentirà non compreso e non accettato e rifiuterà qualsiasi genere di aiuto.
Piuttosto, è importante sapere che difficilmente si riscontra la capacità di resilienza in soggetti vulnerabili, dotati di bassa autostima, di forte insicurezza personale. E certamente non sarà possibile riscontrarla in soggetti con difficoltà di comunicazione già presenti, deficit attentivi, disabilità e tendenza alla depressione.
Il percorso interiore di accettazione e superamento del dolore non è possibile che avvenga in questi casi, poiché già di per sè richiede grande forza d’animo, determinazione e apertura ai legami affettivi. La robustezza psicologica non è scontata, affatto.
Necessita di un grande autocontrollo, della convinzione di poter ribaltare le sorti di qualsiasi circostanza, e soprattutto di una vera e propria componente di sfida. Questo non significa certo diventare campioni a tutti i costi, ma arrivare alla maturità emozionale.